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Renzo Amanzio Regni scrive al senatore Dessi (5 Stelle) sui 600 euro e i “morti di fame”

Il dottor Renzo Amanzio Regni

In questa emergenza coronavirus, che è diventata tanto sanitaria quanto economica, il commercialista Renzo Amanzio Regni ha deciso di scrivere al senatore Emanuele Dessi dopo un intervento dell’esponente del Movimento 5 Stelle sui 600 euro.

“Le scrivo – riporta il dottor Regni – perché sono venuto a conoscenza, dato che non frequento i social, delle sue esternazioni con riguardo al provvedimento dei 600 euro, introdotto da un decreto legge che il Governo a cui lei stesso fa riferimento ha emanato nei giorni scorsi. Altrimenti non lo avrei mai fatto, tale è l’allergia che ho nei confronti di politici, di qualsiasi schieramento dal momento sin dall’inizio della mia professione (1988) ne ho biasimato l’etica e la coerenza. Naturalmente non la disturbo per questionare sulla bontà o meno del provvedimento (scritto, mi lasci dire, con un pressapochismo da studente bocciato al primo esame di economia), quanto dallo stupore che mi attanaglia nell’apprendere certi epiteti da parte di un senatore della repubblica italiana, un senatore del mio Paese, dove sono nato, vivo e lavoro con appena trentadue anni di professione alle spalle (per Sua sfortuna sono un dottore commercialista e non troverà la mia domanda negli antidiluviani archivi dell’Inps). Usando la parola morti di fame per coloro che hanno inviato e, oppure, ricevuto l’obolo dei 600 euro mi aiuta a comprendere non tanto quanto siate lontani dal mondo reale, dalla quotidianità, dai problemi economici e sociali con cui stiamo convivendo, ma quanto siate lontano dal rispetto per gli altri, e soprattutto nei confronti di chi fatica non poco a ritagliarsi uno spazio vitale all’interno di una professione, ove guadagnare con il lavoro e l’aggiornamento continuo la fiducia dei clienti, e soprattutto la loro solvibilità oggi significa lottare per un traguardo che sembra sempre più lontano. Ma giustamente, lei che ne sa? Ha detto bene, invece di stare addosso ai libri si è divertito e ha girato un po’ il mondo. Sarebbe stato un morto di fame, ugualmente. Perfetto. La sua ipotetica e apparente similitudine mi induce, suo malgrado, ad usare la proprietà transitiva, concetto suppongo a lei poco noto per i già dichiarati trascorsi scolastici. Stando poco sui libri non sarà stato certo tra i primi della classe e quindi giustamente annoverabile, come si chiamavano ai miei tempi, tra i somari; poi ha detto che ha girato il mondo; quindi, se non era un trasfertista, suppongo che poco ha lavorato, e se lo ha fatto ha probabilmente usato l’abito scuro: un curriculum vitae, mi lasci dire, non certo edificante: un somaro che neanche ha lavorato si permette di chiamare il popolo che ha il mandato di rappresentare morti di fame. Lei rappresenta il tipico esempio del terzo stadio dello Stato di Platone. Se lo vada a studiare. Non le farà male”.