Pontificale in cattedrale nel giorno che il calendario cristiano riserva a Sant’Ubaldo per la morte il 16 maggio 1160. Alla celebrazione, presieduta dal vescovo Luciano Paolucci Bedini, hanno partecipato i sindaci del territorio diocesano accanto al sindaco di Gubbio Filippo Mario Stirati, insieme alle autorità militari e ai rappresentanti delle istituzioni e delle famiglie ceraiole.
Nell’omelia, il presule ha detto: “In circostanze a dir poco eccezionali, anche quest’anno, celebriamo la festa solenne del nostro santo patrono Ubaldo. Pur orfani, ancora una volta, della manifestazione più partecipata e popolare della meravigliosa festa dei Ceri, rendiamo qui, uniti e solidali, l’omaggio devoto del popolo eugubino e di tutta la Chiesa diocesana al pastore beato, protettore di questa terra, concittadino e padre di tutti noi. Ci stringiamo con fiducia alla testimonianza di fede di Ubaldo in questi giorni mesti, preoccupati e dolorosi per l’intera nostra comunità. E in questo abbraccio di affetto e partecipazione non dimentichiamo i tanti che, pur sparsi nel mondo, custodiscono le radici profonde in questi luoghi benedetti dal vescovo santo. Così come le città sorelle di Thann e di Jessup, e i tanti devoti di Sant’Ubaldo. Saluto il Sindaco Filippo e gli altri sindaci del territorio, le altre autorità civili, militari e ceraiole. Si dice nel vangelo di oggi: ‘Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu elevato in cielo e sedette alla destra di Dio’. Il giorno della memoria della nascita al Cielo di Sant’Ubaldo cade quest’anno in una delle domeniche più importanti del tempo pasquale, quella dell’Ascensione, a una settimana dalla Pentecoste. Date molto importanti nella storia del nostro santo vescovo. E la liturgia ci ricorda che grande è l’esultanza del popolo cristiano nel comprendere che, dopo la risurrezione, il Signore Gesù ha portato con sé, in Cielo, nel seno della Trinità santissima, nel cuore stesso della vita divina, la nostra povera umanità che aveva assunto per salvarla dal male e renderci di nuovo partecipi dell’amore di Dio. In Cristo la natura umana ormai è saldamente legata a quella divina e custodita dalla misericordia del Padre. La preghiera con cui abbiamo iniziato questa celebrazione ci ha fatto dire: ‘Esulti di santa gioia la tua Chiesa, o Padre, per il mistero che celebra in questa liturgia di lode’. Non c’è gioia più grande di questa. Scoprirci per grazia cittadini del Cielo. Conoscere che le nostre origini sono da Dio, e la nostra famiglia è quella divina. Sapere che tutti siamo attesi in una dimora di pace e di vita piena per cui siamo stati pensati fin dalla fondazione del mondo. Una casa comune preparata per noi dall’amore di Dio per vivere beati l’eternità che ci è stata donata. Felice approdo di ogni esistenza illuminata e riscattata dalla fede. Santi tra i santi, per sempre. Ricordano gli Atti degli Apostoli che ‘mentre lo guardavano, Gesù, fu elevato in alto e una nube lo sottrasse ai loro occhi. Essi stavano fissando il cielo mentre egli se ne andava, quand’ecco due uomini in bianche vesti si presentarono a loro e dissero: ‘Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo? Questo Gesù, che di mezzo a voi è stato assunto in cielo, verrà allo stesso modo in cui l’avete visto andare in cielo’. Il Cielo. L’immagine semplice della premura di Dio per ciascuno di noi, e l’orizzonte limpido della nostra speranza. La vetta di ogni nostro cammino. Il terreno buono dove sono state seminate le nostre radici. Quante volte del beato Ubaldo si dice nei racconti della sua vicenda che viveva come se fosse sempre rivolto al Cielo, come se ogni sua parola o gesto fosse ispirato dalla contemplazione del Cielo, di Dio e della sua volontà. In tutta la sua vita di uomo consacrato e, in special modo nel suo servizio episcopale, Ubaldo ricorderà a sé e agli altri che è da Dio che dobbiamo sperare ogni bene e in lui trovare la forza e la luce per attraversare i giorni che ci sono davanti, specie quando sono intrisi di fatiche e di sofferenze. Una profondità di orizzonte e di prospettiva che non ha distratto il nostro Patrono dalle sue responsabilità terrene. È stata infaticabile e concretissima la sua opera di pastore e di cittadino, e mai si è sottratto a ciò che spettava alle sue alte mansioni e alla sua carica spirituale. Tutto questo però era il frutto maturo del suo costante orientamento verso Colui da cui si sentiva amato e inviato. Fu un autentico ambasciatore del Cielo. Ecco perché un altro grande santo uomo di Dio, come Paolo di Tarso, può dire nella lettera agli Efesini: ‘Comportatevi in maniera degna della chiamata che avete ricevuto, con ogni umiltà, dolcezza e magnanimità, sopportandovi a vicenda nell’amore, avendo a cuore di conservare l’unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace. Un solo corpo e un solo spirito, come una sola è la speranza alla quale siete stati chiamati’. Se la nostra speranza è radicata nel cuore di Dio, allora la nostra quotidianità è guidata dalla sua presenza e dalla sua forza. E quale uomo di fiducia e di speranza è stato Ubaldo. Quante volte la sua presenza e la sua fermezza ha evitato il peggio, ha rincuorato gli animi intimoriti dei suoi figli, ha ricondotto alla pace ciò che invocava violenza. Gli uomini di fede e di speranza, come il vescovo Ubaldo, vivono d’amore e agiscono per amore. Lo sguardo che sempre tengono rivolto al Cielo di Dio li rende capaci di vedere ogni cosa sotto il segno della misericordia, e riconoscono in ogni donna e uomo prima di tutto una sorella e un fratello da ascoltare e accogliere, da perdonare e comprendere. Così vivendo Ubaldo è diventato l’immagine di quel Dio di tutti, che nutre e sostiene ogni speranza, come dice ancora San Paolo: ‘Un solo Dio e Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, opera per mezzo di tutti ed è presente in tutti. Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnavano’. E’ la conclusione del vangelo. Dopo l’Ascensione di Cristo risorto, e l’effusione dello Spirito Santo a Pentecoste, i discepoli diventano testimoni credibili in mezzo alla loro storia, e vanno missionari in ogni angolo della terra forti solo dell’amore di Dio che hanno conosciuto in Gesù e che ormai regge tutta la loro vita. Nella lunga scia dei tanti discepoli-missionari testimoni fedeli del Signore Gesù Cristo certamente figura anche Sant’Ubaldo. La sua compassione, il suo coraggio, la mitezza e la bontà che di lui conosciamo sono luminosi riflessi della misericordia di Dio. Ma chi dice oggi le parole di Ubaldo in questa sua terra? Chi prosegue la sua paterna cura in questa Chiesa che ha tanto amato? Chi lotta come lui ogni giorno perché tra noi il bene vinca sul male, e i nemici siano riconciliati? Chi se non noi, suoi figli. Noi eredi indegni della sua santità. E chi se non proprio lui, nostro santo pastore, può insegnarcene la via?”.
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