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L’inchiesta nell’ex cava di Casamorcia tiene sotto scacco otto indagati

I Carabinieri a Casamorcia per l'indagine sulla cava dismessa diventata area wellness

Tante reazioni in una storia complicata con accuse pesanti che vanno dall’inquinamento ambientale al impedimento del controllo, gestione illecita di rifiuti speciali, realizzazione di opere edilizie in assenza del permesso a costruire, abuso d’ufficio, presunto falso ideologico in certificati commesso da dipendenti pubblici.

C’è tutto questo alla base del blitz ieri mattina negli uffici del Comune e in una cava dismessa a Casamorcia trasformata in un’area wellness. Sono entrati in azione i carabinieri del Nucleo Operativo Ecologico, della Sezione di Polizia Giudiziaria della Procura della Repubblica e del Comando provinciale di Perugia, delegati dal pm Giampaolo Mocetti, in esecuzione a un decreto di perquisizione emesso nei confronti di quattro indagati, a vario titolo. Complessivamente sono otto i coinvolti nell’inchiesta: il medico del lavoro Francesco Pierotti (54 anni) e la moglie Gabriella Bregolisse (48) proprietari dell’area, l’architetto progettista Antonio Giliberti (52), il dirigente comunale Francesco Pes (62) e il funzionario del Comune Andrea Bellucci (49), i geologi Arnaldo Ridolfi (58) e Stefano Merangola (55), Riccardo Bei (39) titolare dell’impresa che ha realizzato i lavori. Ieri sono stati sottoposti a perquisizione Pierotti, Giliberti, Pes e Bellucci.

L’indagine è iniziata nell’aprile 2020: i carabinieri del Noe del capoluogo hanno riscontrato, con il supporto dell’ufficio Risorse Minerarie della Regione (vigila sulle cave utilizzando anche i droni per i sorvoli) con responsabile l’ingegnere Simone Padella e di Arpa Umbria, una serie di irregolarità legate al riambientamento di un’ex cava nella frazione di Casamorcia.

I militari hanno fatto sapere che sul posto è stata svolta un’attività di escavazione non autorizzata in area sottoposta a vincoli ed è stata abusivamente realizzata un’area wellness, con profili di responsabilità a carico di due tecnici del Comune e del direttore dei lavori, oltre che del proprietario.

Dall’area sono stati asportati – fanno sapere i militari – circa 16.500 metri cubi di terra e roccia, con deterioramento territoriale e paesaggistico che rendono complesso il riambientamento. Inoltre, al posto di una struttura in cemento armato, autorizzata per stabilizzare un versante, è stata realizzata una costruzione ancora allo stato grezzo comprendente un garage, tre vani e un’ampia area benessere munita di piscina e sala macchine, preventivamente chiusa con tamponatura di legno appena verniciato con lo scopo di occultarne la presenza. Il tutto sarebbe avvenuto con il permesso a costruire rilasciato violando la legge, consentendo cioè la coltivazione della cava in assenza di autorizzazione. Sarebbe stata consentita anche la realizzazione abusiva di un pozzo a uso domestico in una zona di tutela assoluta. Risultano irregolarità anche tra il progetto presentato presso il servizio regionale competente in materia di deposito sismico e quello depositato in Comune, mentre viene vagliata l’ipotesi di illecita gestione dei rifiuti prodotti da parte della ditta esecutrice.