La battuta d’arresto del “Liberati” suona alla stregua di un monito: in questo girone B di Serie C si può vincere e si può perdere con tutte, ma guai ad abbassare la guardia. Ecco in estrema sintesi le cinque sentenze di Ternana-Gubbio.
1- Perché cambiare quando le cose funzionano? La domanda è lecita pensando alla scelta di rinunciare a Plescia (il migliore col Rimini) a favore di un De Silvestro che alla prova dei fatti ha deluso le attese. Il partner di Marchi è diventato uno degli argomenti più dibattuti: di sicuro non può essere “questo” Campagnacci, lontano dalla forma migliore e per giunta anche un po’ troppo nervoso (entra e si becca subito un giallo). Con Plescia la formula era sembrata funzionare bene: non averlo visto in campo nemmeno nella ripresa lascia intendere che ci fosse qualche problema fisico. Altrimenti è difficile spiegare la scelta, alla luce anche della prestazione offerta col Rimini. Là davanti serve continuità e stabilità: per ora questo è un tallone d’Achille.
2- Che la Ternana fosse forte non era un mistero, ma che il Gubbio mollasse la presa dopo aver subito il primo gol non era comunque nelle attese. Una reazione degna di tal nome non c’è stata perché le cose migliori i rossoblù le avevano mostrate nella prima mezzora, e non dopo. E quanto al rigore concesso: Benedetti ha il braccio un po’ largo e nemmeno protesta. Ergo, sa di essere (suo malgrado) colpevole. Così come tutti i compagni che sono con la testa altrove quando Lopez batte rapidamente la punizione. Un dettaglio e la partita prende un’altra strada: provare per credere.
3- Lontano da casa il Gubbio smarrisce la via: un punto in cinque gare è un ruolino da zona retrocessione e senza un’inversione di tendenza la vita sarà sempre dura. Va bene che a Terni perdere non è una colpa (della serie: non sono queste le partite da vincere), ma i numeri dicono che nessuno ha fatto peggio dei rossoblù nelle gare esterne. Persino la Virtus Vecomp, fanalino di coda, ha fatto meglio (4 punti in 6 gare). Domanda lecita: è solo un problema di personalità? Forse, ma evidentemente c’è dell’altro. Ad esempio la cronica difficoltà a trovare il gol, che se qualcuno ancora non l’avesse capito è il motivo per il quale il Gubbio sin qui è sempre stato fuori dalla zona play-off (quindi dalle prime 10 posizioni) e spesso costretto a rincorrere gli avversari. Perché le difese vinceranno i campionati, ma gli attacchi, oltre a vendere i biglietti, servono soprattutto per salvarsi. E occhio che quest’anno si retrocedere per davvero, non per finta come nell’anno passato (ma non ditelo al Santarcangelo…)
4- A proposito di difesa: Marchegiani che in casa è stato spesso e volentieri super (e dove non prende gol da 517’), pararigori conclamato e giustamente osannato, a Terni è incappato nella classica serata no che conferma la regola. Vietato buttargli la croce addosso: ha sbagliato l’uscita sul gol del 2-0, ha completamente mancato la palla sul tiro di Lopez (non irresistibile) del 3-0. Meglio due errori tutti in una volta, e in una serata dove difficilmente sarebbe arrivato un risultato diverso da un ko., che in altre circostanze. Marchegiani va preservato come una delle colonne di questa squadra e lasciato fuori da stupidi discorsi su affidabilità e robe simili. Ha 22 anni e ha tutto il diritto di sbagliare.
5- Erano poco più di 100 i tifosi eugubini al “Liberati”. Molti si son detti delusi perché per una gara attesa da 23 anni (da 30 nel campo professionistico) contro una grande rivale del passato si sarebbero attesi un seguito notevolmente superiore. In realtà per una partita messa alle 18,30 di una domenica di metà novembre oltre 100 persone non sono nemmeno così poche. Semplicemente è il format che non funziona, gli orari cervellotici, la sensazione di non avere più nulla per cui valga la pena perdere una domenica pomeriggio (o la “Cuccagna” a San Martino, insolitamente baciata dal bel tempo) che allontana la gente dallo stadio. I tifosi rossoblù al “Liberati” hanno fatto il loro e sono tornati a casa a testa alta. Delusi dal risultato, non certo da loro stessi. E tanto per intenderci: 100 tifosi di “oggi” valgono quanto 400 di qualche anno fa.
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