“Orfeo Goracci è vivo e lotta insieme a loro”: così si può tradurre il raduno dei vecchi amici a Fontanelle, lunedì scorso 18 dicembre, per aprire di fatto la campagna elettorale del candidato “a vita” già sindaco di Gubbio.
La novità, si fa per dire, è il ritorno sulla scena di Gabriele Tognoloni, che Goracci si è messo al fianco nel ricordo dei tempi d’oro quando i due erano alleati per poi diventare politicamente nemici e adesso evidentemente di nuovo amici.
La vecchia sinistra teme la destra, sull’onda del governo Meloni (anche se gli effetti di governo e Regione hanno sempre riguardato poco o niente Gubbio che ha scelto strade alternative rispetto allo scenario sovracomunale, per quanto sempre e solo di sinistra), guarda Goracci e, a quanto pare, ne studia il fenomeno.
C’erano, tra gli altri, la segretaria dei LeD Maria Rita Rogari con Claudio Tasso plenipotenziario della lista civica e Tonino Fagiani, esponente di punta ex consigliere comunale; il consigliere comunale Marzio Presciutti Cinti, candidato sindaco con il centrodestra nel 2019 che con Goracci condivide le battaglie contro il Css nei cementifici pur essendo entrato nel partito Azione di Carlo Calenda che al Css è favorevole (magie della politica che trasforma l’impossibile nel possibile a seconda delle convenienze); Leonardo Nafissi, leader di Gubbio Città Futura (dialoga con tutta la sinistra e non esclude a priori convergenze soprattutto con Tognoloni) e Diego Pierotti, presidente di Gubbio Città Europea la neonata lista civica che quando si presentò criticò aspramente la Giunta Stirati ponendosi alternativa e adesso sta convergendo verso Alessia Tasso che di quella Giunta è vicesindaco (altra magia della politica eugubina).
All’incontro, condotto dal giornalista Euro Grilli, hanno catalizzato l’attenzione Goracci (con i soliti cavalli di battaglia) e Tognoloni. C’è l’oggettivo timore di perdere il potere incrostato nei decenni anche se il centrodestra eugubino ha dato dimostrazione elezione dopo elezione di accontentarsi giusto dei posticini residui in sala consiliare a palazzo Pretorio senza una strategia vera per cambiare lo scenario come in Umbria hanno fatto Perugia, Terni, Assisi, Foligno, Spoleto e altri in una sana alternanza sale della democrazia. E aleggiano – quando si parla dell’ex sindaco – i fantasmi del processo Trust in corso al tribunale di Perugia (prossima udienza il 23 gennaio) dopo l’arresto del 14 febbraio 2012 per presunti reati contro la pubblica amministrazione, con il Comune che è costituito parte civile contro di lui e gli altri imputati (ci fosse qualcuno che si ricordi di farlo presente in aula consiliare e nei dibattiti politici).
Il processo è un problema per Goracci ma anche per la sinistra eugubina (come nazionale) che fa i conti con la doppia morale: se gli indagati e processati sono gli avversari non possono fare politica neanche se ricevono un avviso di garanzia (si ricorderà con Berlusconi dal 1994 in poi), mentre fa finta di niente se di mezzo ci sono i propri esponenti. Il giustizialismo a fasi alterne è uno degli aspetti più singolari della disastrata politica italiana (e anche eugubina, ovviamente).
Avversari e potenziali alleati hanno seguito Goracci a Fontanelle soprattutto per capire cosa c’è dentro e dietro questa ennesima operazione elettorale. Soprattutto vogliono capire se Tognoloni è soltanto la suggestione del momento per mandare avanti qualcuno di diverso tra vecchio e nuovo, oppure se quando ci sarà da tirare le somme, i fedelissimi ”goracciani” chiederanno al loro leader (o Zar se uno legge le carte dell’inchiesta Trust) di “sacrificarsi” e candidarsi a sindaco, relegando Tognoloni in quel caso a fare il capolista di una lista civica.
Chi c’era a Fontanelle ha sicuramente capito che Goracci vuole ripartire dai 2.140 voti che nel 2019 assicurarono soltanto a lui il posto in Consiglio Comunale, portandolo perfino ad annunciare una staffetta con il primo dei non eletti che non c’è mai stata (al di là delle motivazioni politiche formali per ovviare al cambio della guardia). Insomma, le liste (una o più) servono soltanto (guardando ai numeri del 2019) per eleggere il “capo”, Goracci o eventualmente Tognoloni. Quel pacchetto di voti fa gola a tutti, ma se venisse riversato nuovamente sul “gruppo Goracci” vorrebbe dire, tradotto, la certezza di un posto da consigliere comunale e non di più.
Taluni osservatori ritengono che Goracci potrebbe aver studiato politicamente la strategia di appoggiare in questa fase Tognoloni per poi, appunto, riprendere in mano direttamente lui la situazione, oppure trovare il modo di ritirarsi (ci credono in pochi, ma niente va escluso a priori ed è comunque un’eventualità) lasciando a Tognoloni l’onere di bissare quanto meno il risultato del 2019. Qualora non ci riuscisse, ecco che Goracci si prenderebbe la “soddisfazione” politica della formuletta “dopo di me il diluvio”, come quando nel 2000 non venne ricandidato al Consiglio Regionale (avrebbe voluto bissare il mandato del 1995, ci riuscirà poi nel 2010) e chi nella lista di Rifondazione Comunista prese il suo posto (Francesca Cencetti) riportò a casa pochi voti rispetto a lui.
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