Il 9 ottobre 1963 una frana staccatasi dal Monte Toc si riversò nel bacino della diga del Vajont, creando un’onda che investì con forza i comuni di Erto e Casso, Longarone ed i loro abitanti, e causando oltre 1.900 vittime. Un evento che, a cinquant’anni di distanza, viene ancora simbolicamente ricordato come immagine della superficialità e dell’inefficienza, oltre che della difficoltà di fissare il confine, non sempre così sottile, tra disastro naturale e responsabilità umana. Fino al 28 febbraio il polo liceale “Giuseppe Mazzatinti” di Gubbio ospita la mostra fotografica itinerante “La storia del Vajont”.
Organizzata dall’Associazione italiana di geologia applicata (Aiga) ed ambientale e il Consiglio nazionale dei geologi (Cng) e della facoltà di Scienze geologiche dell’università di Urbino, nell’ambito del Piano lauree scientifiche, la mostra ripercorre il disastro del Vajont, paradigma della catastrofe di origine umana, attraverso le eccezionali immagini scattate dal geologo Edoardo Semenza che riconobbe l’esistenza di un’antica massa di frana sul versante sinistro della Valle del Vajont, poco a monte della diga allora in costruzione.
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