Il Lisippo è dell’Italia. L’ha stabilito la una sentenza della Cassazione: i giudici della III sezione penale hanno infatti confermato la decisione del giudice di Pesaro Giacomo Gasparini, che a giugno aveva disposto il sequestro dell’opera “ovunque si trovi”, respingendo così il ricorso del museo che attualmente la ospita, il Getty Villa di Malibù. Attribuita allo scultore greco, famoso per essere stato il ritrattista ufficiale di Alessandro Magno, l’opera, ritrovata a largo della costa marchigiana nel 1967 e chiamata per questo l’Atleta di Fano, è infatti conservata dal 1977 nel museo californiano. Ora, dopo “l’ultima parola della giustizia italiana”, come ha sottolineato il pm che da anni segue la battaglia, Silvia Cecchi, la palla passa agli Usa ai quali l’Italia si rivolgerà con una rogatoria internazionale ovvero una richiesta di assistenza giudiziaria. Dal museo della California la risposta non s’è fatta attendere: “Riteniamo che qualsiasi ordine di confisca sia contrario al diritto americano e internazionale e difenderemo il nostro diritto legale ad avere l’opera”, si legge in un comunicato. Secondo gli americani, infatti, il bronzo sarebbe stato pescato in acque internazionali, senza alcuna evidenza che “questo appartiene all’Italia”. In ogni caso, secondo le leggi del tempo, l’esportazione dell’opera sarebbe stata illegale, sia che questa fosse stata ritrovata in acque nazionali che internazionali, perché comunque ripescata da un’imbarcazione battente bandiera italiana.
LA RICOSTRUZIONE. Nel 1964 il peschereccio “Ferruccio Ferri” di Romeo Pirani, pescatore fanese morto nel 2004, trova la statua. Il luogo della scoperta è tutt’ora incerto, ma secondo il racconto dell’equipaggio la scultura si trovava sul fondale di una zona al largo del Monte Conero, chiamata “Scogli di Pedaso”. Dopo aver issato l’opera sull’imbarcazione, Pirani sotterra il bronzo in un campo di cavoli, mette in circolazione la fotografia e vende la statua. I racconti sono imprecisi e, soprattutto, senza nomi, ma parlano di una vendita di 3 milioni e 500mila lire. Da qui i contorni della storia si fanno meno nitidi. La statua viene cercata e per la sua sparizione vanno a processo quattro persone: tre commercianti di Gubbio (Pietro, Fabio e Giacomo Barbetti) e don Giovanni Nagni. Dopo quattro anni di udienze gli imputati vengono assolti in secondo grado a Roma il 18 novembre 1970. Impossibile, secondo i giudici, accertare l’interesse artistico, storico e archeologico della statua, nel frattempo scomparsa. Nel 1974 l’opera riappare al Museo Getty che l’ha pagata 3,9 milioni di dollari. Come questa sia arrivata negli Stati Uniti entrando a far parte della collezione, però, resta un mistero. Secondo lo storico fanese Alberto Berardi l’Atleta lascia Gubbio con una spedizione di forniture mediche inviate in Brasile ad un missionario parente dei Barbetti e acquistata alla morte di Paul Getty dopo essere restaurata al Dorner Institut di Monaco. Il caso si riapre in tempi più recente: quando nel 2006 il vice premier Francesco Rutelli vince un braccio di ferro con il Getty, ottenendo la restituzione di 39 opere esportate illegalmente, fra cui la Venere di Morgantina, l’Atleta di Fano, chiamato “Victorius Youth” dagli americani, viene però trattenuto. La città di Fano e la regione Marche non accettano la mancata restituzione e nel 2007, l’associazione culturale Le Cento Città presenta un esposto alla procura di Pesaro per violazione delle norme doganali e contrabbando. Il procedimento giudiziario prosegue per anni, fino a quando il gip Lorenza Mussoni nel 2009 dichiara il bronzo “patrimonio indisponibile dello Stato” e nel 2010 dispone il sequestro dell’opera. Inutili le battaglie e i ricorsi del museo statunitense, oggi nuovamente invitato alla restituzione della statua di Lisippo.
Hai domande?
Trovaci sui social o Contattaci e ti risponderemo il prima possibile.