Prima il programma del 15 maggio prevedeva i tamburini e il trombettiere, con la conseguente rivolta popolare soprattutto sui social e attraverso una petizione indirizzata al sindaco di Gubbio. Poi, la retromarcia ma – come si dice – gettando via il bambino con l’acqua sporca. Ha infatti sorpreso e suscitato altre reazioni la decisione di togliere dal “Tributo a Sant’Ubaldo” anche la “sonata” del Campanone a mezzogiorno (si farà sentire soltanto alle ore 19 per scandire il triduo) e la benedizione alla città del pomeriggio da parte del vescovo con la reliquia del patrono. Erano quelli gli unici due segni veri per testimoniare l’omaggio nel giorno più amato. Nella benedizione del vescovo ci sarebbe stato anche il pensiero doveroso a tutti i defunti. Si sono invece lasciate la visita al cimitero (che il sindaco peraltro aveva già fatto) e al mausoleo dei Quaranta Martiri con il fondato timore che si trasformi in una passerella per pochi.
Il precipitoso dietrofront (adesso qualcuno del tavolo dei Ceri sostiene di essere stato contrario al programma iniziale e il mistero s’infittisce visto che si è sempre parlato di decisioni prese all’unanimità) si è portato dietro una linea di condotta esattamente opposta a quella inizialmente presa, al punto da rimuovere anche i due gesti più significativi e veramente caratterizzanti un tributo nel giorno tradizionalmente più bello e stavolta anche atrocemente più brutto. Da più parti si invita alla riflessione a riconsiderare il programma del 15 maggio, recuperando l’unica vera simbologia. Tanto più che il Campanone ha fatto sentire la sua voce il 25 aprile, ricorrenza talmente laica da essere divisiva, cosa che non sarà mai l’omaggio a Sant’Ubaldo.
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