SASSUOLO – La sua storia parte da lontano. Gubbio ha capito di avere per le mani un talento: l’ha voluto per le giovanili, dopo l’esperienza alla scuola calcio nella sua Città di Castello, e l’ha fatto esordire sedicenne in Serie C2. Francesco Magnanelli ha cominciato proprio così. A Gubbio ci ha lasciato un pezzo di cuore e tanti amici, a cominciare dai compagni di squadra che lo ricordano con affetto e non gli hanno mai fatto mancare l’ammirazione nel seguirlo lungo tutta la straordinaria carriera culminata in 17 anni e 520 partite nel Sassuolo dalla C2 all’Europa League passando per 9 stagioni di Serie A. Il centrocampista classe 1984 chiude con il calcio giocato domenica 22 maggio, al Mapei Stadium contro il Milan a caccia di scudetto.
“Mi aspetto una giornata di sport – confessa il centrocampista – con l’impegno totale e la voglia di prevalere. Siamo stati chiari, giocheremo per vincere sapendo di affrontare un squadra che da dieci anni non vince il campionato. Se non vinciamo non è perché ci tiriamo indietro, e se ci riusciamo è perché siamo il Sassuolo. Siamo molto sereni, veniamo da una buona settimana di lavoro”.
Il futuro è aperto: “Continuerò a vivere e a lavorare qui”. L’aspetta un posto nello staff del tecnico Alessio Dionisi, così come per Federico Peluso. Sarà ritirata la maglia numero 4? “Sarebbe una soddisfazione, ma non dipende da me. La presi tanti anni fa e l’ho portata dentro. Inconsciamente è già ritirata, è con me e nel mio cuore. Non è un problema”.
L’emozione ha preso il sopravvento nella mattinata di sabato 21 maggio quando è entrato nella sala conferenze del Mapei Football Center, quartier generale a Sassuolo in via Giorgio Squinzi. Voce rotta e mani sul volto davanti allo stato maggiore con il presidente Carlo Rossi, l’amministratore delegato Giovanni Carnevali, il direttore sportivo Giovanni Rossi, Dionisi e tutti i collaboratori del club. Anche davanti alla squadra che ha fatto irruzione nel finale circondandolo.
“Si chiude un percorso cominciato tanti anni fa – dice -, ho avuto la fortuna di incontrare le persone giuste. Sono arrivato bambino e lascio da uomo e padre, questa è una bella cosa. Il rapporto è stato costruito giorno dopo giorno e l’ho voluto fortemente. Ci sono state le possibilità di andarmene ma non l’ho voluto io, non l’hanno voluto né la società né gli allenatori. Certi tipi di carriera non si fanno se non si va d’accordo. Ringrazio la famiglia Squinzi, i figli Marco e Veronica, e dall’alto il patron Giorgio e la signora. Qui c’è un bellissimo progetto, sono tutti diventati parte integrante della mia vita. Penso ai miei genitori che mi hanno messo messo sulla strada giusta, la scuola calcio e mia moglie che mi ha completato. Si apre un altro che spero altrettanto bello, in un mondo in cui non so come si fanno le cose: spero di capire anche con l’esperienza. La società mi ha proposto qualcosa di buono, insieme al mister”.
I ricordi sono nitidi: “Non dimentico la partita che ci ha portato in Serie A, era quello che voleva il patron nel giorno del suo compleanno. Ce lo siamo meritato. Vale tantissimo il gol segnato al Cagliari dopo cinque mesi dall’infortunio. Mi sono fatto male a Firenze e già mi sono prefissato il ritorno. Questo Sassuolo è tra le più belle realtà, brava la società a scegliere le persone giuste. Spero di lasciare un segno positivo nello spogliatoio. Le difficoltà ci sono state ma ci sono sempre state le condizioni che mi piacevano. Ho sempre fatto quello che mi dicevano il cuore e la testa, sono stato ripagato dalle scelte”.
Il suo grande club è stato il Sassuolo: “Il grande club ti chiede cose particolari e ci sono pressioni. Io penso che bisogna trovare la propria dimensione, l’ho trovata e mi è stata data la possibilità”.
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