In tempo di pandemia certe immagini fanno a pugni con i ricordi. Perché tutto quello che non è consentito oggi, un tempo, era sinonimo di normalità. Ma non quello che accadde dalle parti del “Barbetti” la mattina di sabato 27 novembre 2010. Non una giornata come le altre: l’indomani il Gubbio guidato da Vincenzo Torrente avrebbe ricevuto al “Barbetti” il Sorrento capolista, in quello che numeri alla mano somigliava proprio a uno scontro diretto in chiave primato. Un fuori programma bello e buono, pensando alla genesi di quel confronto: da un lato i rossoblù, matricola del torneo di Prima Divisione, intrufolatosi ai piani alti grazie a un rendimento super dopo un avvio shock (il ko. per 5-1 di Cremona) e reduci alla vigilia del match da 6 vittorie nelle precedenti 8 gare (di cui le ultime tre consecutive). Dall’altro i rossoneri guidati in panchina da Gianni Simonelli, che invero non stavano attraversando un periodo di grande forma (4 punti nelle precedenti tre gare) ma annoveravano tra gli altri il capocannoniere brasiliano Paulinho, oltre a una rosa composta in larga misura da elementi di categoria superiore. Per il Gubbio quello rappresentava il classico “esame di maturità”, la partita che avrebbe potuto accendere una volta per tutti i sogni di gloria (e di promozione) tra l’incredulità generale di migliaia di addetti ai lavori.
PICCOLA BOMBONERA. I tifosi, però, a quel sogno credevano per davvero. E sabato 27 novembre, nella consueta rifinitura mattutina del giorno della vigilia, decisero di fare una cosa fuori dall’ordinario: in 200, forse pure qualcuno in più, si diedero appuntamento sui gradoni dell’antistadio, dove si presentarono con fumogeni, petardi e persino una sfilza di gadget utilizzati allo scopo di ritmare i cori. Torrente e i suoi ragazzi, nel vedere quella scena, rimasero senza parole. “Non ce l’aspettavamo una cosa simile”, confessò all’epoca il tecnico. Parole che tornano attuali anche adesso, a distanza di 10 anni: “Uscimmo dagli spogliatoi e ci ritrovammo tutta quella gente a bordo campo… fu un qualcosa di bello e inaspettato. Fu un ulteriore dimostrazione del calore di quella tifoseria nei nostri confronti. Ai ragazzi dissi di non caricarsi di troppe pressioni: meritavano tutta quella riconoscenza, ma dovevamo restare concentrati sulla partita”. Partita che, ironia della sorte, durò appena 15’: al sole splendente che fece da cornice alla rifinitura del sabato già dalle prime ore della serata si sostituì una violenta perturbazione che fece riversare nelle successiva 24 ore una quantità d’acqua spropositata per il periodo. Già dal mattino di domenica 28 novembre si capì che giocare sarebbe stato pressoché impossibile: l’arbitro Bolano di Livorno, anche per “accontentare” i 2.400 e passa tifosi presenti sugli spalti (che all’epoca per Gubbio erano una cifra decisamente ragguardevole…), decise di comune accordo con i due capitani di “provare” a giocare per qualche minuto, ma fissando nel quarto d’ora del primo tempo il limite massimo oltre il quale non si sarebbe andati. Cosa che puntualmente avvenne, dopo 15’ di calcio acquatico. La gara venne così rinviata all’8 dicembre, quando il Gubbio s’impose per 1-0 (rigore di Gomez) effettuando il sorpasso in vetta, mantenuta poi fino al termine della stagione.
MAI PIÙ COME ALLORA. Dieci anni dopo, però, i ricordi che riaffiorano sui social assumono un valore ancor più speciale, peraltro nei giorni in cui gli amanti del calcio piangono la scomparsa terrena del giocatore più grande di tutti i tempi. Scene come quelle vissute quel 27 novembre 2010 dalle parti del “Barbetti” non si sono più viste, neppure nel proseguo di quell’annata che pure si rivelò trionfale, col Gubbio che tra lo stupore generale riuscì a conquistare la seconda promozione di fila e mettere piede per la seconda volta nella sua storia in Serie B. Ricordi che oggi affievoliscono amari al pensiero di un calcio che ha allontanato i tifosi dagli stadi (figurarsi dagli antistadi…) tra norme per il distanziamento fisico e più in generale una disaffezione che ha portato anche molti tifosi eugubini ad abbandonare gli spalti del “Barbetti”, che già prima dell’arrivo della pandemia restavano in larga misura vuoti. Il filo riannodato con quel passato ha ancora il volto di Vincenzo Torrente, tornato a distanza di 9 anni sulla panchina rossoblù assieme al suo staff composto da Romano Mengoni, Giovanni Pascolini e Michele Barilari e di cui fa parte anche Rodrigue Boisfer, all’epoca perno della mediana. Juanito Gomez resta l’unico giocatore di movimento presente dieci anni dopo, mentre dietro la scrivania restano Stefano Giammarioli, Giuseppe Pannacci e Luciano Ramacci.
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