di Francesco Cardoni
La prima legge scritta, in Epoca Romana, risale al biennio 450/451 avanti Cristo. Fino a 60 anni prima (509 avanti Cristo), Roma è governata dai Re (ultimo fu Tarquinio il Superbo). Ed è, in questi primi, suoi, 60 anni di Repubblica, che Roma si dota delle prime leggi scritte, fortemente volute dai Tribuni della Plebe succedutisi negli anni, stanchi di leggi tramandate oralmente, applicate, un po’, a senso unico.
Dopo anni di diatribe, furono nominati, nel 451, allo scopo, i Decemviri (tutti Patrizi), integrati, l’anno successivo, da 3 Plebei. Nasce, così, in Roma, il primo Corpo di Leggi Scritte, fermate, su bronzo, nell’anno successivo, ad opera dei Consoli L. Valerio Potito e M. Orazio Barbato, in quelle che, oggi, sono, comunemente, conosciute come le Dodici Tavole.
Dodici elementi bronzei in cui, grazie alla caparbietà Plebea, Roma “ferma” le proprie leggi, fino ad allora tramandate oralmente.
Ed è, già, in questo primo nucleo di Leggi Scritte che troviamo citati i Collegia e le Sodalitates, vere e proprie associazioni di privati, raggruppamenti di persone, formati a scopo di Culto, i primi (Collegia Cultorum), e per motivi di ordine sociale,solidale e lavorativo, i secondi. Nelle XII Tavole, troviamo, già, acconsentita, ad entrambe, la facoltà di dotarsi di norme interne (in pratica, di dotarsi di qualcosa di simile agli “Statuti”), purchè, queste, non siano in contrasto con il Diritto della Civitas (la Città, lo Stato).
Ci troviamo già, di fronte, a “veri e propri raggruppamenti (necessari o volontari) di più uomini, tenuti insieme dalla comunanza dei fini che perseguono”. Nascono le prime Persone Giuridiche, che, per quello che, piano piano, diventerà il Diritto Romano, sono, comunque, ancora, insiemi di persone singole, con identici interessi.
La tradizione fa risalire ai tempi del Re Numa Pompilio (713-670 avanti Cristo) le prime organizzazioni di mestieri.
In campo solidale, volontaristico (diremmo oggi), troviamo, tra le altre, già, le prime organizzazioni di Pompieri (senz’altro occupatissimi e già … specializzati), i Collegia Funeraticia (gruppi di persone umili, riunite, insieme, allo scopo di assicurarsi una sepoltura), od, anche, Sodalitates che si riuniscono in banchetti comuni, aventi, queste ultime, anche fini di carattere religioso.
Periodo non proprio fecondo, fu, per la maggior parte dei Collegia e delle Sodalitates, quello dell’ultima epoca repubblicana: trasformatisi, da associazioni di Culto, in sette politiche, più o meno segrete, furono sciolti in maniera autoritaria. Cosa che accadde, anche, in epoca augustea, al nascere dell’impero.
Più tardi, sarà l’ “Impero Cristiano” a “ridare fiato” a Collegia e Sodalitates, allargandone numero e caratteristiche: in questo contesto, vanno, infatti, dopo il 313 dopo Cristo, con il riconoscimento della Religione Cristiana, anche considerate, e comprese, le aggregazioni ecclesiali che si vanno, mano a mano, a formare, l’“insieme” dei fedeli, che escono dal guscio del nascondimento e che vanno ad organizzarsi, le singole Chiese che nascono, così come la stessa Chiesa, madre, di Roma.
Nello specifico delle singole organizzazioni, di persone, che si occupano dei mestieri, sarà Gaio, giurista Romano del II Secolo dopo Cristo, ad usare, per meglio identificarle (accanto al termine Sodalitates), il termine Universitas, il cui significato, in latino, sta ad indicare, semplicemente, un “ insieme di più cose”. È termine con cui, in Diritto Romano, viene indicata una pluralità di cose e, quindi, anche una persona giuridica a struttura corporativa. Di conseguenza, il Diritto Romano, usa spesso la parola Universitas, per indicare, anche, tutto ciò che noi, oggi, chiameremmo Corporazioni o, se preferite, appunto, “Università”.
Ma sarà, soprattutto, l’Imperatore Giustiniano, nel 534 dopo Cristo, dopo lo scollamento dell’Impero Romano, alle soglie del Medio Evo, a maggiormente usare, e diffondere, il termine Universitas, in Oriente (in quello che è, ormai, in quel momento, “solo” l’Impero Bizantino), così come in Occidente, consentendo, soprattutto, attraverso il “suo” Corpus Iuris Civilis (unanimemente considerato alla base di tutto il Diritto moderno), di dare continuità ad un istituto giuridico, almeno dalle nostre parti, ancora attuale.
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