C’è un tessuto economico-produttivo che soffre moltissimo anche sul territorio eugubino. E’ il piccolo commercio che per larga parte è vittima degli effetti dell’emergenza coronavirus per le norme particolarmente ristrettive che non hanno invece riguardato la grande distribuzione. E’ partito un grido d’allarme, pure verso le associazioni di categoria, in un tessuto sociale come Gubbio che sta risentendo oltremodo della crisi in un contesto già duramente provato prima della pandemia.
Alle grandi catene distributive è consentita la vendita di ogni prodotto, anche oltre quelli inizialmente classificati come beni di prima necessità, e questo ha acuito e acuisce ancora oggi le attività più piccole che sono un tessuto fortemente tradizionale e radicato, considerato da sempre un motore dell’economia in generale e locale.
Ha fatto discutere la gestione autorizzativa delle tipologie di attività che sono rimaste aperte in questo lungo periodo dell’emergenza, con i criteri stabiliti che hanno favorito taluni contesti e danneggiato pesantemente altri. C’è stato chi localmente si è rivolto alle associazioni di categoria e anche all’Amministrazione Comunale senza però trovare risposte concrete per cercare di salvaguardare le proprie attività rispetto alla grande distribuzione. E’ una delle eredità peggiori che lascerà questa crisi.
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