Il calcio marchigiano piange la scomparsa di Mario Vivani, che a 75 anni ha perso la battaglia contro un male incurabile che l’aveva aggredito da pochi mesi. Originario di Cagli (era nato il 25 febbraio 1949), Vivani è stato una colonna dell’Ascoli, club del quale ancora oggi detiene il primato di presenze (363), tra cui spicca quella del 6 ottobre 1974 quando fece il suo esordio in Serie A nella trasferta di Napoli. Numero 10 vecchia maniera, tanta testa e molto cuore, Vivani era cresciuto calcisticamente nella Cagliese, per poi trasferirsi a soli 19 anni ad Ascoli, dove sarebbe rimasto per 9 stagioni, legando in modo mirabile soprattutto con mister Carlo Mazzone. Successivamente sarebbe passato al Modena, dove nel 1981 ha concluso la carriera da calciatore per cominciare immediatamente quella da allenatore.
GIOVANE TECNICO. In Emilia Vivani (soprannominato “Bruschetta” per via dell’abitudine presa negli anni di Ascoli, quando era solito recarsi con altri giocatori in un locale dopo gli allenamenti e farsi servire sempre una bruschetta) ha maturato le prime esperienze in panchina nel Sassuolo (ben lontano dai fasti di oggi) e poi nel Carpi, facendo ritorno nelle Marche a partire dal 1984 e proseguendo la carriera da allenatore con Vadese, Fermana, Modena, Termoli, Civitanovese e Tolentino. Il tutto fino all’estate del 1996, quando il telefonò squillò da Gubbio, con Domenico Sfrappa che lo volle sulla panchina rossoblù nella stagione della ripartenza dal campionato regionale di Eccellenza.
SCELTO DA SFRAPPA. Quel Gubbio aveva appena dovuto fare i conti con l’onta della retrocessione dai dilettanti e con l’incombenza di un fallimento che tecnicamente venne evitato grazie a un mirabile intervento contabile. Di fatto però la nuova società, che decise di affidare la presidenza a Guerriero Tasso, ricostruì le basi da zero: Sfrappa, grande artefice del miracolo Pontevecchio, venne nominato direttore sportivo e quando fu il momento di individuare un allenatore in grado di rilanciare da subito il Gubbio e riportarlo nei tornei interregionali pensò bene di affidarsi a Vivani. Lo scelse perché convinto che affidarsi a una figura esterna alla regione fosse la migliore delle cose possibili da fare, pensando alla pressione che sarebbe ricaduta sulle spalle di qualsiasi allenatore. Una scelta che pagò dividendi: nella stagione 1996-97 il Gubbio vinse il campionato di Eccellenza con due giornate d’anticipo, stabilendo quello che all’epoca fu anche il record di punti (65 sui 90 disponibili).
LA CAVALCATA IN COPPA. Vivani rispettò appieno le consegne, ma se possibile andò anche oltre: in quell’annata il Gubbio conquistò anche la Coppa Italia Regionale, battendo nella finale di Foligno il Cesi per 2-1 dopo i tempi supplementari (gol decisivo di Bignone). Grazie a quell’affermazione i rossoblù poterono avanzare alla fase nazionale, all’epoca riservata a squadra di Eccellenza e Promozione: superato il primo turno contro Forsempronese e San Marino, il Gubbio affrontò nei quarti di finale i veneti del Chioggia, che militavano in Promozione ma che dimostrarono sul campo di essere una squadra di assoluto valore. Alla fine, dopo due sfide tiratissime, gli eugubini vinsero per 4-2 la gara di ritorno (ribaltando lo 0-1 dell’andata) grazie ancora una volta a un gol di Bignone a tempo scaduto. La corsa si sarebbe poi fermata in semifinale contro l’Ivrea, che vinse allo scadere la gara di ritorno per 1-0 dopo aver perso 2-1 all’andata al “San Biagio” (si qualificò per via del gol segnato in trasferta).
L’ADDIO POLEMICO. Vivani restò a Gubbio una sola stagione: la società a fine anno preferì volgere lo sguardo altrove, andando a pescare Leonardo Acori e dando vita a un’altra annata memorabile, culminata con il ritorno nei professionisti dopo un duello con la Narnese vinto per manifesta superiorità. Proprio la scelta della dirigenza di voler cambiare tecnico al termine della stagione 1996-97, nell’aria già da qualche settimana prima della fine del torneo, non fu accolta molto bene da Vivani, che da uomo tutto d’un pezzo ritenne di non essere stato trattato col dovuto rispetto (disertò anche la cena di fine stagione organizzata dagli sponsor per celebrare le vittorie in campionato e Coppa Italia).
LA RICORRENZA. In quell’annata il tecnico di Cagli fu bravissimo a gestire un andirivieni di giocatori durato praticamente tutto il girone d’andata, con una squadra partita in ritiro a fine agosto ma capace da subito di centrare l’obiettivo per il quale era stata allestita. Era il Gubbio di Flavioni, Pignattini, Mattioli, Giacometti, Ciriaco, Bignone, Vagnarelli, Martinetti, Cau, Parisi, Monaco. E ancora di Ercoli, Genghini, Mozzillo, Finetti, Lisarelli e Pierini. Una squadra alla quale tutta la Gubbio del calcio deve tantissimo, quantomeno per averla tirata fuori dai tornei regionali nel minor tempo possibile. Una squadra legata soprattutto a quella partita col Chioggia, la più iconica di tutta la stagione, di cui proprio ieri cadeva l’anniversario (16 aprile 1997). Un buon motivo in più per ricordare Vivani, artefice di quella favolosa impresa.
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