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Truffa con i migranti. Nei guai tre imprenditori di Perugia e quattro impiegati di Gubbio e Città di Castello

“Non fatevi rubare la speranza”, è il messaggio che campeggia sotto l’immagine di due mani strette l’una all’altra, nel sito web della onlus umbra L’Aurora. Ma per gli investigatori della Squadra Mobile di Ancona – ha scritto Stefano Rispoli sul quotidiano Il Messaggero – che indagano da due anni dopo le segnalazioni e i controlli della Prefettura, era la stessa cooperativa sociale che si occupa dell’accoglienza dei migranti ad appropriarsi indebitamente di somme ingenti, gonfiando i numeri delle presenze di ospiti stranieri in cinque Cas (Centri di accoglienza straordinari) di Ancona: un computo dettagliato non è ancora stato elaborato, vista la complessità del caso, ma considerato anche il tenore di vita dei responsabili della onlus – ville, supercar e orologi di lusso – inducono gli inquirenti a credere che si tratti di un considerevole giro d’affari illecito.

Sette gli indagati per truffa aggravata in concorso ai danni dello Stato. Sono tutti residenti in Umbria. Per tre di loro è scattata l’interdizione temporanea a contrattare con la pubblica amministrazione per dieci mesi: la misura cautelare, emessa dal gip Sonia Piermartini con ordinanza eseguita mercoledì scorso dalla Squadra Mobile dorica, guidata dal vice questore Carlo Pinto, ha colpito la trentaseienne Manuela Morini, presidente del Cda e rappresentante legale della società cooperativa L’Aurora (con sede legale a Perugia e sede amministrativa a Città di Castello, da cui a marzo erano stati sequestrati documenti contabili e telefoni), il marito Filippo Corbucci, 34 anni, vice presidente e consigliere, e il padre di lei, il sessantunenne Maurizio Morini, dipendente della onlus. Per lo stesso reato sono indagati a piede libero, ma senza misure cautelari, altri quattro dipendenti della società, tre donne e un uomo, residenti tra Gubbio e Città di Castello.

E’ scattato il sequestro preventivo di cinque immobili adibiti a Cas per l’accoglienza di decine di richiedenti asilo. Appartamenti-horror, secondo gli inquirenti, perché si presentavano in condizioni igienico-sanitarie precarie, tra sporcizia, carenza di stoviglie, biancheria, detersivi e prodotti per l’igiene personale che l’associazione avrebbe dovuto fornire, in base all’accordo quadro biennale da un milione e 753mila euro stipulato con la Prefettura di Ancona nel 2020, a seguito di una regolare gara di appalto. Per gli investigatori, la cooperativa umbra faceva affari anche così, risparmiando su tutto, perfino sulle schede telefoniche, sugli indumenti intimi e sulle razioni di cibo quotidiane che, a detta degli stessi migranti – ascoltati in occasione di sopralluoghi effettuati nel gennaio 2021 da rappresentanti della Prefettura e, prima ancora, da vigili del fuoco e Ast – non erano sufficienti e talvolta si presentavano in condizioni deteriorate già all’arrivo, al punto che loro stessi dovevano provvedere a fare spesa con i soldi del pocket money, spesso consegnato in ritardo. Ma l’essenza del presunto raggiro ai danni dello Stato sarebbe consistita nel dichiarare ospiti-fantasma nei Cas gestiti dalla cooperativa L’Aurora: secondo l’accusa, la rappresentante legale e il marito-vice presidente, insieme agli altri cinque dipendenti indagati, avrebbero falsificato ripetutamente i registri per segnalare la presenza di ospiti stranieri in realtà assenti, inducendo in errore i funzionari della Prefettura.

In questo modo avrebbero percepito indebitamente 29,52 euro al giorno per ogni migrante-fantasma. Calcolare l’importo preciso del presunto raggiro non è semplice, tenuto conto che la onlus gestiva anche altri Cas in Umbria e in Toscana. Ma sarebbero numerose le presenze falsificate, benché la stessa cooperativa, sul suo portale, per un periodo abbia pubblicato parte delle rendicontazioni, come per voler dimostrare la sua assoluta trasparenza. La cooperativa sociale, per una lunga serie di inadempienze, era già stata commissariata dalla Prefettura, il cui provvedimento amministrativo ha innescato quello giudiziario.