“Quella sera del 28 marzo del 1944 non la dimenticheremo mai. Eravamo già a letto, erano da poco passate le nove. Mamma Mira venne in camera, ci svegliò e ci vestì in fretta. Quando entrammo in soggiorno c’erano molte persone, una di loro con un cappotto di pelle lungo. Nonna Rosa, inginocchiata davanti a questo uomo, lo implorava di lasciare a casa almeno noi bambini. L’ultimo ricordo è la luce della nostra abitazione. Poi siamo uscite al buio e ci hanno caricati tutti quanti su un blindato”.
Tatiana Bucci aveva sei anni e sua sorella Andra ne aveva quattro, quando i fascisti e i nazisti le catturarono nella casa di Fiume, allora città italiana, per portarle nel campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau in Polonia, con tappa intermedia alla Risiera di San Sabba. Figlie di un papà cattolico e di una mamma ebrea, Tatiana e Andra sono due delle 50 bambine e bambini sopravvissuti all’inferno di Auschwitz. Ce l’hanno fatta perché sono state scambiate per gemelle e avrebbero potuto diventare cavie negli esperimenti del terribile dottor Joseph Mengele, medico e criminale di guerra tedesco.
Mercoledì 5 aprile, su richiesta dell’Associazione Famiglie Quaranta Martiri e con approvazione unanime del Consiglio Comunale di Gubbio, a Tatiana e Andra Bucci verrà conferita la cittadinanza onoraria e al cugino Sergio De Simone la cittadinanza alla memoria. Tatiana e Andra Bucci sono più volte venute, in passato, a Gubbio, a raccontare a tante ragazze e ragazzi la loro storia.
Una volta arrivati al campo di concentramento, i Bucci furono tutti separati. La nonna venne uccisa la sera stessa. Mamma e zia finirono in una baracca poco distante dalle due bambine, ma si riuscirono a incontrare poche volte. Insieme al cugino Sergio, che aveva 7 anni, Tatiana e Andra vennero internate in un Kinderblock, il blocco dei bambini destinati alle più atroci sperimentazioni mediche. Il freddo, la fame, i giochi nel fango e nella neve, gli spettrali mucchi di cadaveri buttati negli angoli tornano sempre nei racconti delle due sorelle, che assiduamente partecipano al Treno della Memoria che ogni anno porta ad Birkenau migliaia di giovani. Nove mesi vissuti sullo sfondo di un camino che sputava fumo e fiamme, “unica via da cui si esce se sei ebreo”, come ripetevano le guardiane. Tatiana in particolare ricorda la cattiveria delle addette alla sorveglianza della baracca, ma anche i biscotti che le regalò un soldato e le maglie che una blokova, la sorvegliante del lager, donò a entrambe: “Forse anche quelle ci hanno aiutato a non ammalarci. Quella blokova ci ha voluto bene e, per quanto ha potuto, ci ha sempre protette”. Cosa che non è riuscita con il cuginetto Sergio, la cui storia è straziante. Sergio De Simone è infatti passato alla storia per essere l’unico bimbo italiano sottoposto a sperimentazioni in un lager dal medico e criminale Kurt Heissmeyer. Il nazista, entrando nella baracca dei bambini per selezionarli, disse loro: “Chi vuol vedere la sua mamma faccia un passo avanti”. Ai bimbi così selezionati e successivamente trasferiti in un campo di concentramento vicino ad Amburgo, vennero inoculati bacilli della tubercolosi, alla scopo di verificare strampalate teorie. Furono poi tutti barbaramente ammazzati, Sergio fu usato per una sperimentazione medica sui linfonodi e fu ritrovato appeso a un gancio con le ascelle squartate.
I racconti delle sorelle Bucci, come tutti i racconti di chi è stato bambino in quelle atroci circostanze, sono fatti di morte e di orrore. Una morte che tragicamente diventa normalità, come “normali” sono le cataste di cadaveri attorno ai quali giravano i bambini, le selezioni periodiche, il fumo dal camino. “C’eravamo io e Andra, sempre attaccate l’una all’altra, come per proteggerci. E ci sembrava perfettamente naturale non vedere più la mamma, o patire costantemente il freddo. In altre parole, avevamo costruito un senso di normalità per difenderci dall’orrore. Non ci rendevamo conto di quello che ci stava accadendo: vedevamo tutti i giorni gli scheletri, ma la morte per un bambino di sei anni non è così terribile. Ci ricordiamo perfettamente il camino da cui uscivano fumo e fiamme: sapevamo che cos’era, ma solo ora mi sconvolge l’idea. Eppure mia sorella ha iniziato a fare pipì a letto dalla prima notte a Birkeanu e ha smesso di farla il giorno della liberazione”.
Dopo nove mesi un soldato con una divisa diversa e una stella rossa sul berretto arriva sorridendo, e offre a Andra e Tati una fetta del salame che sta mangiando: è il 27 gennaio 1945, la Liberazione. Una Liberazione che però per le sorelle Bucci non si traduce nel tornare semplicemente a casa. Inizia un nuovo viaggio: Andra e Tati vengono portate in un orfanotrofio a Praga, dove passano un altro anno e poi alcuni mesi a Lingfield in Inghilterra, in un centro di recupero diretto da Anna Freud, dove finalmente conosceranno la vera normalità. Solo tempo dopo rincontreranno la mamma su un binario di una stazione a Trieste, in mezzo a una marea di genitori che con la foto in mano sperano di ritrovare i propri figli. Mamma Mira, con le sue visite nel campo di prigionia a rischio della vita, e il suo saper guardare oltre dopo la Liberazione, è rimasta l’àncora che ha permesso loro di rifarsi una vita.
Oggi le sorelle Bucci hanno 85 e 83 anni. Tati vive a Bruxelles, Andra tra l’Europa e gli Stati Uniti, e da vent’anni girano per le scuole europee a raccontare la loro storia. Molti gli incontri tenuti a Gubbio, città che da anni le conosce e ha avuto modo di ascoltare i loro racconti. “La cittadinanza onoraria che mercoledì conferiremo alle sorelle Bucci – sottolinea il sindaco Filippo Mario Stirati – rappresenta anzitutto un riconoscimento al legame da anni stabilito con la città, con le scuole, con la nostra biblioteca, con le tante ragazze e ragazzi incontrati. Andra e Tatiana Bucci sono testimoni che Gubbio sente quanto mai vicine. Sono davvero grato all’Associazione Famiglie 40 Martiri e felice che il Consiglio Comunale abbia scelto all’unanimità di conferire questa cittadinanza così importante e significativa”.
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