Cercasi soldi disperatamente. Al Comune le studiano tutte, così passano al setaccio le attività e i privati per incassare anche a costo di sbagliare indirizzo. È il caso di un appartamento privato che nel centro storico ospita talvolta persone sporadicamente in cerca di alloggio per brevi periodi, con la cosiddetta formula Airbnb, dal portale internet inglese attivo dal 2007, che è considerato un modo incentivante per trovare soluzioni abitative per qualche giorno nei viaggi di piacere o d’affari, a condizioni economiche particolarmente vantaggiose. Non c’è un vero giro d’affari ma serve per lo più come forma di risparmio da una parte e dall’altra per alleggerire i carichi fiscali sugli immobili. Sono spazi ricavati in appartamenti spesso abitati e parzialmente concessi, con l’ospitalità trattata direttamente tra privati. Ma il Comune di Gubbio li equipara a vere e proprie attività ricettive e per questo ha scritto a un privato chiedendo tutta la certificazione, dall’abitabilità e agibilità fino alla polizza assicurativa e l’inquadramento fiscale.
TASSA DI SOGGIORNO. Lo scopo è quello di applicare la tassa di soggiorno, paventando multe da 500 a 3.000 euro se il privato non dovesse mettersi in regola, secondo quanto pretende l’ente che ha inviato una lettera a firma del dirigente del settore. Solo che in quella lettera si fa riferimento a un immobile che non corrisponde nella sua ubicazione e che soprattutto non può essere considerato alla stregua di un albergo o di un affittacamere. La formula dell’Airbnb è utilizzata anche nelle grandi città dove le amministrazioni locali ne incentivano la presenza per incrementare le presenze sul territorio. Il carico di adempimenti tecnico-burocratici con i relativi oneri economici possono diventare un peso insopportabile e quindi indurre a rinunciare. Specie a Gubbio dove anche la tassa di soggiorno contribuisce ad aggravare il carico fiscale.
Questo articolo è stato ripreso dal numero 98 di 15Giorni.
