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Opere nel centro storico: Goracci chiede lumi, la maggioranza gli ricorda il Puc di San Pietro

Un’interrogazione del consigliere comunale di minoranza Orfeo Goracci scatena la reazione della maggioranza. L’ex sindaco chiede che fine abbiano fatto le grandi opere annunciate nel centro storico, in particolare nella parte alta della città.

«Da quasi un decennio – scrive Goracci nell’interrogazione – si sente parlare di grandi opere di riqualificazione della parte alta della città e che da oltre tre anni e mezzo sono consigliere comunale e ho sentito, letto tante comunicazioni. Constatato che a oggi non c’è traccia di lavori e cantieri per il tunnel in fondo a corso Garibaldi, di via della Repubblica con le disponibilità finanziarie che ci sono da un decennio, della parte bassa di corso Garibaldi, via Baldaddini, largo Menichetti, piazza Grande e Arconi, del Museo degli Umbria, via 20 Settembre e mi fermo qui. Dichiarazioni, annunci, conferenze stampa si sono sprecate in questi anni. Interrogo per sapere quando i lavori promessi avranno inizio e vedranno la luce?».

Una durissima replica è venuta dai banchi della maggioranza, allontanando quella sudditanza psicologica che spesso si è vista eccezion fatta per il sindaco Stirati che ha spesso bacchettato Goracci con rilievi sottili e calzanti. Francesco Zaccagni (Socialisti e Civici Popolari) e Riccardo Biancarelli (Democratici per Gubbio) non ci hanno girato attorno. È stata ricordata all’ex sindaco l’operazione del Puc di San Pietro, che negli anni è stata definitiva fallimentare aprendo un dibattito anche sull’opportunità di controlli da parte della magistratura ordinaria e contabile per capire le scelte e le spese dal primo giorno, nel lontano 2007, ai giorni nostri.

Goracci ha fatto riferimento alla grande opera dell’ospedale comprensoriale di Branca inaugurato sotto il suo mandato, ma anche in questo caso la maggioranza ha più volte ricordato in passato come l’ex sindaco in realtà non volesse quell’ospedale a Branca ma a Torre Calzolari pur sapendo che Gualdo Tadino non l’avrebbe mai sostenuto e che la Regione Umbria non avrebbe mai riaperto il capitolo in un percorso già avviato e consolidato.