Si accende il dibattito, dentro e fuori la politica, sulla decisione della Giunta Stirati, avallata dalla maggioranza, di promuovere il ricorso al Tar dell’Umbria contro l’autorizzazione della Regione rilasciata a Barbetti e Colacem, sulla base del Decreto semplificazione del governo Draghi, per l’utilizzo del Css-Combustibile solido secondario nei cementifici di Semonte e Ghigiano.
Ci sono profonde divisioni sulle mosse di palazzo Pretorio, tra chi sostiene che la città abbia tanti di quei problemi – a cominciare dalle questioni economico-occupazionali in una crisi locale devastante con il Pil fanalino di coda dell’Umbria, il calo dei residenti e la fuga soprattutto dei giovani – facendo volentieri a meno delle solite diatribe e scorribande tutte politiche a sinistra per coltivare bacini di elettorato, e chi ritiene – come i comitati ambientalisti – che Gubbio abbia il Css come problema esiziale.
La coalizione di Stirati ha dato il via libera al ricorso su questa autorizzazione prevedendo una spesa di circa 20mila euro tra le procedure e la consulenza legale dell’avvocato Paola Brambilla di Bergamo.
Ci sono sensibilità e opinioni differenti sul modus operandi rispetto ai ricorsi, con la diffusa convinzione che, in taluni casi, se i ricorsi hanno un’altissima probabilità di essere respinti (per esempio in altre regioni i contenziosi con le cementerie sono stati respinti) e sono di chiarissima matrice politico-elettoralistica, potrebbe intervenire la Corte dei Conti per valutare se le spese debbano ricadere sui politici che li promuovono e non sulla collettività già sopraffatta da tasse e sperpero di denaro pubblico.
Nel caso Gubbio, si prenda per esempio come riferimento il ricorso sul traliccio della telefonia mobile a Padule: è opinione diffusa che in Comune già sapevano che sarebbe stato respinto, ma si è voluto comunque procedere con altre spese a carico dei cittadini per accontentare i comitati locali e ambientalisti. Non è dato sapere se la Corte dei Conti abbia vagliato questa specifica vicenda con le relative spese sostenute.
A livello politico, nella maggioranza ci sono le posizioni sulle spaccature interne rispetto al ricorso al Tar. I Liberi e Democratici (LeD) difendono la decisione della Giunta, ricordando come programma elettorale sia del 2014 che del 2019 abbia previsto apertamente ogni contrasto all’uso del Css e che chi oggi accetta l’autorizzazione senza voler andare sino in fondo tradisce il mandato degli elettori ed è incoerente con gli impegni politico-elettorali che ha sottoscritto.
Nel mirino ci sono soprattutto Francesco Zaccagni, uomo di punta della coalizione essendo stato designato e poi eletto internamente ai partiti anche come consigliere provinciale, e Riccardo Biancarelli, passato dai LeD nel Gruppo Misto per poi assumere la denominazione Democratici per Gubbio. Entrambi sono dipendenti di Colacem e sono favorevoli all’utilizzo del Css, anche se poi in sede consiliare hanno sempre votato atti e documenti avversi al Css, insieme alla maggioranza e a gran parte dell’assemblea che ha poi al suo interno gli stessi partiti di governo del Paese che hanno varato il Decreto semplificazione agevolante l’uso del combustibile solido secondario.
La posizione contraria al ricorso di Zaccagni e Biancarelli non sembra, secondo indiscrezioni interne alla coalizione, portare tuttavia ad azioni clamorose, che peraltro su altre vicende hanno già attraversato la maggioranza con diverse uscite di scena. Senza considerare, oltretutto, il dibattito a sinistra sul famigerato conflitto d’interesse che in quella parte politica funziona sempre a fasi alterne, a seconda delle situazioni e soprattutto degli avversari politici.
Zaccagni e Biancarelli non sarebbero cioè intenzionati né a lasciare la maggioranza né a dimettersi da consiglieri comunali, tra le sarcastiche osservazioni interne alla coalizione (e non solo) sulla coerenza e la linearità dei comportamenti politici nel sostenere pubblicamente una linea e nei palazzi della politica un’altra.
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