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Colacem ha chiuso per ora la cementeria di Ghigiano. Il Comune sapeva tutto e ha taciuto

Lo stabilimento Colacem di Ghigiano

La Colacem ha deciso di chiudere la cementeria di Ghigiano. La decisione, clamorosa e senza precedenti almeno in questi termini, è stata attivata da oggi, martedì 22 febbraio, a tempo indeterminato di fronte ai riflessi pesantissimi della crisi su più fronti, poiché le quotazioni della Co2 sono prossime ai 100 euro per tonnellata, il prezzo dell’energia elettrica è aumentato del 200 per cento e quello del combustibile in media del 300 per cento. Dal Comune sapevano tutto da giorni nel silenzio generale.

Questa misura drastica costituisce un colpo durissimo alla già gravissima situazione economico-occupazionale sul territorio tra il Pil fanalino di cosa dell’Umbria, il calo dei residenti e la fuga dei giovani. Tutto questo mentre la maggioranza di Stirati pensa a spendere soldi inutilmente per ricorsi già persi sul Css e intentati solamente per ingraziarsi i comitati ambientalisti che avrebbero chiesto al sindaco di promuovere il ricorso a spese del Comune non disponendo, riferiscono talune fonti, di risorse finanziarie per farsene carico. Tutto questo mentre il Consiglio Comunale discute e vota documenti che non cambiano minimante il volto della città.

A Ghigiano c’era già stata una prima sospensione dell’attività a metà agosto ricorrendo alla cassa integrazione con la ripartenza che sembrava aver visto superato il momento più difficile, specialmente dopo la definizione dell’iter autorizzativo per l’utilizzo del Css ricorrendo al decreto semplificazione del governo Draghi.

Adesso la situazione è precipitata con le conseguenze peggiori e le prospettive tutte da verificare, dopo che la famiglia Colaiacovo ha cercato per mesi di interloquire con il sindaco Filippo Mario Stirati cercando soluzioni condivise. Lo stop sarà fino a quando lo scenario non cambierà e il cemento eugubino sarà sostituito sul mercato da quello prodotto in altri stabilimenti del gruppo Financo che ha presenze consolidate in contesti sociali e istituzionali meno ostruzionistici in Toscana, Lombardia, Campania e Puglia.

Con la chiusura di Ghigiano, restano a casa un centinaio di dipendenti e si aggiunge la preoccupante conseguente inattività anche delle collaborazioni esterne (manutenzioni e altro gestito da ditte), oltre alle ripercussioni sull’indotto.